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I problemi dei giovani
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Ale87

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MessaggioInviato: 19 Gen 2013 19:09:38    Oggetto:  I problemi dei giovani
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In Italia così come in altri paesi industrializzati, le giovani generazioni devono lottare contro tanti fattori che giorno per giorno rendono sempre più difficili le loro condizioni. La difficoltà di trovare un posto di lavoro, e quindi un reddito che li renda autosufficienti, porta i giovani a compiere tanti sacrifici e sentirsi frustrati spesso in modo umiliante; la carenza di alloggi rende loro difficile programmare il futuro e li porta a procrastinare la vita nella famiglia paterna, deludendoli nel loro bisogno di autonomia e di libertà d’esperienza; il crollo di tante certezze e di tanti miti li porta a un a crisi di valori ideali per cui tutto appare contingente; le istituzioni già talvolta così lontane dal paese reale, appaiono ai giovani ancora più distanti e incapaci di risolvere o solamente capire i loro problemi. La crisi dei valori ideali appare oggi determinante nel generale smarrimento e senso di solitudine nelle giovani generazioni. È vero che tanti ideali nel passato sono stati causa di immani rovine e disastri, basti pensare quanti guai sono stati procurati da un certo esasperato nazionalismo e da un malinteso amor di patria, ma il non aver alcun punto di riferimento valido porta inevitabilmente le giovani generazioni ad una crisi d’identità e ad un rifiuto acritico ed inconcludente del passato. In tutte le epoche ci sono stati contrasti tra vecchie e nuove generazioni, sempre il nostro mondo ha visto il bisogno di riflessione e il senso della misura, proprio degli anziani, scontrarsi con l’esuberanza, l’entusiasmo e la voglia del nuovo, tipici dei giovani. Esiste un rapporto dialettico tra il mondo dei giovani e il mondo degli anziani: questi ultimi lasciano la loro esperienza, danno il senso della continuità, mentre i giovani hanno il compito, una volta recepito il meglio del passato, di spingere oltre, verso il nuovo, le conoscenze e le attività umane. L’entusiasmo e l’irruenza dei giovani nella storia hanno sempre avuto il compito di rompere l’immobilismo e l’inerzia, il senso della misura e la moderazione degli anziani quello invece di garantire alla società la stabilità, il senso della continuità e la sicurezza spirituale. Gli ideali e i valori morali rappresentano il legame spirituale tra le vecchie e le giovani generazioni: il senso della continuità, che pur si avverte nel succedersi delle epoche storiche e della società, è dato proprio da questo riconoscersi in qualcosa di spiritualmente identico, come un ideale testamento che le generazioni si trasmettono. Molti di questi ideali per alcuni si concretizzavano nella famiglia, nella patria, nella devozione religiosa; per gli altri in valori e modelli comportamenti come l’onestà, la giustizia; in altri ancora in ideologie o anche in certe confraternite religiose, che consentivano di ritrovarsi in una solidarietà che non aveva confini geografici e di sentirsi compagni o “fratelli” con tanti uomini sconosciuti e lontani anche decine di migliaia di chilometri. Cadute le ideologie, molti di questi ideali non affascinano ormai più i giovani: il consumismo e la corsa al denaro hanno fatto piazza pulita di tutto questo. La società industriale ci ha portato tanto benessere materiale, ci ha liberato da tante malattie che una volta mietevano milioni di vittime, ci ha consentito di poter comunicare in un attimo con regioni e paesi lontani decine di migliaia di chilometri, ha consentito ad alcuni uomini di passeggiare sulla Luna, ma col suo dio-denaro ha svuotato lo spirito degli uomini, ha mercificato persino i sentimenti, ha trasformato tutto in oggetti di consumo, ha illuso che anche la felicità, diventa “trip”, “viaggio”, potesse essere raggiunta materialmente in ogni momento mediante il consumo di una dose di sostanze stupefacenti, secondo la propaganda accattivante degli spacciatori, ambigui venditori di “estasi-morte”. Non è retorico affermare che la mancanza di ideali porta alla morte dello spirito. Credere in qualcosa vuol dire avere un fine nella vita, lottare, sacrificarsi per qualcosa, ma quando tutto può essere facilmente conquistato col denaro e col denaro sempre più cose nuove possono essere ottenute e consumate, ecco che in questo circolo vizioso il denaro diventa effettivamente il “vitello d’oro” che gli uomini adorano. Anche la libertà è diventata secondo un malinteso permissivismo, un modo d’essere più o meno “consumabile”, più che la conquista di una dignità umana nel rispetto innanzitutto della libertà e dei diritti del prossimo. È questo, a mio avviso, il retroterra culturale che ha favorito il diffondersi, tra i giovani, della droga. La mancanza di punti di riferimento dati da solidi valori ideali e il consumismo come unico modello sociale sono le vere cause di tale flagello. L’illusoria felicità di una dose di eroina da consumare, rimanendone così schiavi, è stato detto, ma quante altre cose sono anch’esse feticci di benessere e illusioni di felicità agli occhi dei giovani e anche dei nuovi giovani. “Magari potessi avere questo scooter!”, “Magari potessi avere quella macchina sportiva!”, “Magari potessi avere quello stereo! (non certo per la musica, ma per vantare il numero dei watt)”… Anche questa è droga per lo spirito quando ci fa perdere il senso delle cose, quando ci rende schiavi dei feticci creati dal consumismo. L’uomo non vale per quello che ha, come vorrebbero farci credere i persuasori occulti del consumismo, ma per quello che è e per quello che sa. Soltanto prendendo coscienza di questo si può avere la possibilità di ritrovare una vera dimensione umana e di non essere più soltanto i “terminali” dei messaggi pubblicitari. Solo in questo modo si può sperare concretamente di arginare il dilagare del fenomeni-droga, perché questo non è altro che la logica conseguenza del modello di vita consumistico. È un discorso quindi di prevenzione e non di repressione del fenomeno, ma di una prevenzione basata non su momentanei interventi di informazione, del resto necessari anche questi, ma su una radicale inversione di tendenza nel costume e nella mentalità dell’intero corpo sociale, a cominciare ovviamente dalla sua classe dirigente. È difficile, ma, se non si vogliono solo dei semplici palliativi, è l’unica strada da seguire per poter cambiare radicalmente.
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MessaggioInviato: 19 Gen 2013 19:09:38    Oggetto: Adv






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