mareblu Quasi Esperto
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Il pane rumeno fa male? Agnelli e maiali importati dalla Romania sono nocivi o è un pregiudizio gastronomico?
Si legge sempre più spesso di prodotti alimentari (anche di base) che arrivano dalla Romania, tipo il pane del supermercato ma addirittura agnelli in Toscana e maiali in Sardegna
Preimpastato e surgelato dura due anni e basta una rapida cottura. Poco si sa sugli aspetti igienici. Chi vende pane confezionato che viene da fuori non è ancora obbligato a scrivere sull'etichetta la reale provenienza del prodotto.
In Romania si producono ogni anno 4 milioni di chili di pane surgelato a lunghissima conservazione (24 mesi). Più della metà viene esportato soprattutto in Italia.
Coldiretti segnala che le importazioni dalla Romania di prodotti a base di cereali sono più che raddoppiate nell'ultimo anno. Ben 1,3 milioni di chili, con un più 136 per cento. Un'impennata se si pensa ai 6.733 miseri chili di dieci anni fa. Sono gli effetti della mancanza di trasparenza sul pane in vendita che impediscono al consumatore di conoscere il paese dove sono stati coltivati i cereali da è ottenuto perché non è obbligatorio indicare l'origine in etichetta. All'inizio si delocalizza la provenienza delle materie prime. Subito dopo l'impianto di trasformazione e il laboratorio artigianale. Quanto costa il pane rumeno? Perché ne importiamo così grosse quantità? Il costo sul mercato di un chilo di pane prodotto lungo le sponde del Danubio non supera i due euro al chilo. Meno della metà di quello esposto nelle vetrine dei nostri panifici (4-5 euro).
Se faccia male o meno è tutto da verificare, sicuramente ci si chiede dove sia il nutrimento in un pane non solo raffinato dalla normale lavorazione, ma anche trattato per poter durare 24 mesi prima del suo consumo.
Un po' di tempo fa c'è stata la truffa degli agnelli rumeni spacciati per sardi, poi l'operazione legale che vede una forte importazione di maiali e maialetti vivi da Spagna e Germania, che macellati poi in Sardegna possono godere dell' etichetta "macellati in Sardegna" che certamente (e volutamente) crea confusione nel consumatore, in Sardegna si consumano ben 300 mila quintali di carni suine all'anno ma se ne producono solo 55 mila, la differenza da qualche parte deve pur arrivare. Il problema non è solo come crescono i maiali allevati all'estero? Cosa mangiano? E' anche una questione di trasparenza, uno va in Sardegna a mangiare il maialetto sardo e viene raggirato.
Si parla ora di una DOP (denominazione d'origine protetta), oppure di una Igp (indicazione geografica protetta) che garantisca al consumatore che i prodotti in vendita siano al 100% sardi, che faccia anche guadagnare appeal all'estero e in Italia ai nostri prodotti.
Bastasse questo, i fornai non coltivano il grano e acquistano all'ingrosso dove costa meno.
E la farina che compra chi lo fa in casa sarà anch'essa contraffatta?
Dopo aver letto tutto questo, negli smile manca il simbolo della pistola!! _________________ ** essere sempre se stessi** |
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