Una coincidenza è casuale, due sono un indizio, tre una prova. Primo, scandalo Montepaschi, banca da sempre in quota a sinistra e Pd. Secondo, affaire Saipem-Eni, ambiente attribuibile al Pdl, sia per le passate nomine ai vertici sia per l'interesse del centro-destra alle grandi correnti internazionali dell'energia, che passano dalla Russia ai Paesi arabi e dell'Africa. Terzo, caso Finmeccanica, con vertice e azienda (Agusta, basata in provincia di Varese), a ragione o a torto considerati vicini alla Lega, ma con responsabilità e amicizie attribuite anche a membri importanti del governo uscente, Monti, Grilli, Passera.
Insomma, ce n'è per tutti, e le detonazioni sono a distanza talmente ravvicinata da far pensare che i dossier fossero belli e pronti, da riaprire per l'occasione, con grandi effetti mediatici a prescindere dall'efficacia delle accuse. Sono gli ultimi ostacoli del rettilineo finale, a pochi metri da un traguardo elettorale che può determinare cambiamenti profondi nella politica ma soprattutto nella struttura organizzativa del Paese. Per molti politici, gran commis di stato, uomini dei servizi, super manager, è questione di sopravvivenza. E allora, come in guerra, ogni strumento diventa lecito.
I casi citati richiederanno anni per essere approfonditi e, se mai accadrà, per essere portati a giudizio finale. Ma oggi sono utili sulle prime pagine. Per spostare qualche frazione di punto di voti, per bloccare operazioni in corso sgradite politicamente (caso Ansaldo) o per iniziare a creare spazi per nomine di nuovi amici. Dalle indagini si scoprirà, forse, che a grandissimi affari si sono associati costi di intermediazione del 2-3%. Tanti soldi, centinaia di milioni, soprattutto se percepiti irregolarmente o non dichiarati da eventuali contribuenti italiani. Cifre irrisorie, invece, se confrontate con le dimensioni di settori globali, in cui senza attività di lobbying e di relazioni è impossibile entrare ed emergere. Le controllate di Finmeccanica operavano agli anni 50 e 60 in Sudamerica e nei Paesi arabi; e l'Eni di Mattei ha costruito la sua attuale forza, a beneficio dell'Italia, trattando con grandi e piccoli dittatori in tutto il mondo. Lo sanno bene i concorrenti, lo sa la politica. È ipocrita stupirsi dei costi del sistema; ancora più ipocrita che si stupisca la politica, i cui costi di intermediazione, sia in queste aziende che in altri ambienti, sono purtroppo ben più alti del 2-3%. |