Alessandra ha scritto: |
Credere, obbedire, combattere............
Quando leggo la parola OBBEDIRE mi vengono in mente tutte e tre insieme |
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Citazione: |
Lo studio di UBS mostra che esistono cinque principali costi potenziali derivanti dall’uscita dell’Unione Monetaria e dall’adozione di una valuta nazionale. CASO I: Default del Debito Pubblico Se un paese decide di abbandonare la valuta comune si troverebbe di fronte a due scelte per quanto riguarda il debito pubblico: - convertire il debito nella valuta nazionale; - lasciare il debito denominato in Euro. In questo secondo caso, poiché a causa dell’uscita dall’Euro il paese vedrebbe distrutto il proprio commercio estero; non riuscendo ad ottenere valuta estera (in questo caso Euro), non sarebbe in grado di finanziare il debito: di qui il default. Nel caso, invece, in cui decida di convertire il proprio debito in valuta nazionale, questo potrebbe essere interpretato dagli investitori come un segno di difficoltà nel ripagare i propri debiti. In tale situazione il tasso d’interesse sui debiti tenderebbe ad aumentare a livelli tali da decretare il default. Tuttavia, questo secondo scenario è indipendente dall’appartenenza o meno all’Euro (vedi gli avvenimenti della Grecia): il costo aggiuntivo che l’uscita dall’Euro avrebbe per lo Stato sarebbe invece il default del settore “Corporate”, le obbligazioni emesse dalle società. Le aziende avrebbero difficoltà a ripagare i propri debiti in valuta estera a causa del forte deprezzamento del cambio successivo all’uscita del paese dall’Euro (se il cambio si deprezza significa che sono necessarie più unità di valuta nazionale per acquistare una unità di valuta estera). CASO II: Collasso del sistema bancario interno L’incertezza derivante dalla nuova valuta genererebbe una corsa agli sportelli poiché coloro che hanno depositi in Euro ritirerebbero i loro soldi prima dell’avvenuta conversione. Nel caso di assenza di restrizione ai movimenti di capitale e persone imposti dal Governo si genererebbe un deflusso di capitali verso l’estero e collasso del sistema bancario. Bisognerebbe realizzare la conversione valutaria all’improvviso, così da sorprendere e anticipare le mosse degli investitori. Questa soluzione è tuttavia irrealistica dati i tempi necessari di transizione da una valuta all’altra e la facilità di circolazione delle informazioni. CASO III: Uscita dall’Unione Europea L’intero processo di conversione dell’Euro in valuta nazionale sarebbe contrario ai numerosi trattati europei e comporterebbe una rottura unilaterale del Trattato di Maastricht, Trattato di Lisbona e Trattato di Roma. Inoltre l’introduzione di controlli al movimento di persone e capitale, molto probabili, decreterebbero la rottura di vari trattati europei. È quindi improbabile che un governo possa lasciare l’Euro e rimanere Stato membro dell’Unione Europea. CASO IV: Perdita di benessere sociale derivante dall’attuazione di politiche protezionistiche L’uscita di un paese debole dall’Euro determinerebbe nel breve periodo un vantaggio competitivo in termini di svalutazione della propria valuta nazionale: tendenzialmente esporterebbe di più. Tuttavia i Paesi membri dell’Eurozona adotterebbero misure protezionistiche per difendersi commercialmente da questo Paese. Se ci fosse anche l’uscita dall’UE si verificherebbe il danneggiamento, se non l’interruzione, dei rapporti commerciali tra questo Paese e l’Unione. CASO V: Disordini civili All’interno del Paese si verrebbero a creare divisioni tra coloro che ritengono opportuno rimanere nell’Euro e chi no, tra chi ne ha tratto o ne trarrebbe un grave danno economico e chi no. Tali fratture interne potrebbero sfociare in disordini, addirittura guerre civili o, nei casi peggiori, sistemi dittatoriali al fine di reprimere i disordini sociali. Questo è quanto è successo storicamente. Aggiungiamo che l’uscita di un Paese dall’Unione determinerebbe poi attacchi speculativi a quel Paese e agli Stati deboli dell’Unione (es. Italia, Spagna): ci sarebbe un contagio, con un enorme aggravio di costi economici e finanziari, basti pensare agli effetti sugli investimenti delle famiglie. La dissoluzione dell’Unione a questo punto sarebbe probabile e comporterebbe la perdita del peso internazionale dell’Europa. Conclusioni In ogni caso i costi sono altissimi: UBS prova a stimare concretamente il costo monetario pro-capite per il primo anno derivante dall’uscita di un Paese debole dall’Euro. È una cifra compresa tra 9.500 e 11.500 Euro a persona! Quindi, alla luce degli attuali avvenimenti, affinché sia vantaggioso per gli Stati membri rimanere nell’Unione Monetaria ed evitare d’incorrere nei costi sopra descritti, è fondamentale il raggiungimento di una completa integrazione delle politiche economiche. |
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i_man ha scritto: |
Servirà a qualcosa o fra pochi mesi la Grecia busserà nuovamente alle "nostre" casse per altri aiuti??? |
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"A mio giudizio le autorità hanno ancora una finestra di tre mesi durante i quali correggere i loro errori. Con il termine autorità intendo principalmente il governo tedesco e la Bundesbank perché in una crisi i creditori sono seduti al posto di guida e nulla può essere fatto senza il supporto tedesco”. |
Citazione: |
Attenta alla banda dei cinque. Che sono Obama, Monti, Hollande, Rajoy e Barroso, tutti d'accordo per affondare le mani nelle tasche dei contribuenti tedeschi con la richiesta di ulteriori aiuti nella crisi dell'euro. |
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Citazione: |
I risparmiatori tedeschi hanno sempre avuto in Bild uno strenuo difensore dei propri diritti. Nulla è cambiato, ma una maggiore obiettività sembra affacciarsi dalle pagine del tabloid più venduto d'Europa, almeno sul tema dei debiti pubblici e della crisi dell'euro.
"La Germania guadagna anche dalla crisi dell'euro!" ammette un articolo di H.Jeime-Karge e C. Martens uscito ieri. Da un lato ricorda come l'impegno miliardario tedesco per il salvataggio della moneta unica cresca di giorno in giorno; ma è anche vero - si legge - che dalle difficolta' degli altri Paesi è proprio la Germania a guadagnare di più. Scheuble, il ministro delle finanze di Berlino "ora guadagna soldi persino facendo debiti", ricorda Bild che mette l'accento sui tassi d'interesse negativi sul nuovo indebitamento tedesco. Secondo un analista citato dal tabloid, "la Germania negli ultimi 30 mesi ha risparmiato oltre 60 miliardi nel rifinanziamento" del debito. Al ministro seguono l'industria edile e tutti coloro che hanno chiesto mutui e prestiti, che godono di tassi particolarmente bassi. Come anche le banche, che oggi pagano lo 0,75% di interessi sui prestiti dalla Bce, mentre - scrive Bild - nel 2008 il tasso era al 4,25%. Ma il tabloid non dimentica di citare nemmeno gli esportatori tedeschi, perché l'euro debole "rende la merce tedesca all'estero più attraente". |
i_man ha scritto: |
I fatti di oggi dicono che nella notte tra venerdì e sabato scorso, l’Eurogruppo ha raggiunto un accordo sul piano di salvataggio di Cipro, che prevede aiuti finanziari per 10 miliardi di euro, per lo più a favore del sistema bancario cipriota esposto nei confronti della plurifallita Grecia.
Come contropartita agli aiuti finanziari, l’Ue ha imposto alle autorità cipriote di perpetrare un vero e proprio furto nei conti correnti ciprioti, imponendo un’imposta patrimoniale sui depositi dei correntisti di quasi il 10% delle somme giacenti superiori ai 100 mila euro, e del 6.75% per quelle inferiori. Gettito stimato: quasi 6 miliardi di euro, per lo più a carico dei cittadini ciprioti. Se da un lato le misure adottate sono ispirate dalla volontà di colpire i grandi capitali depositati nelle banche di Nicosia, dall’altro è inevitabile che le misure colpiranno anche gli interessi dei cittadini ciprioti piccoli risparmiatori. Le autorità cipriote, allo scopo di evitare la corsa agli sportelli e mettere a punto i meccanismi operativi per trattenere le somme di denaro oggetto dell’esproprio, hanno disposto la chiusura delle banche fino a mercoledì prossimo. Allo stesso modo si è inibita la possibilità di disporre trasferimenti di depositi attraverso internet, anche a cittadini stranieri. Questo aspetto, oltre a contrastare con il principio della libera circolazione dei capitali previsto dagli articoli 56 e 60 del trattato CE, mina le basi della stessa unione monetaria in uno dei sui caratteri ispiratori, che sarebbe, appunto, la libera circolazione dei capitali. Quanto sta accadendo a Cipro, almeno nel contesto europeo, non ha alcun precedente storico, sia in termini di finalità dell’esproprio, che dimensioni. In pratica si stanno stravolgendo gli elementi fondanti l’economia, il mercato, il diritto di proprietà, e la tutela del risparmio. E' questa l'Europa che abbiamo voluto... |